Regole generali di grammatica

Regole generali di grammatica. La codifica è quel processo con cui da un pensiero si ottiene un’espressione verbale, che può essere comunicata a voce o con la scrittura.

Come funziona la codifica? Ecco alcune regole elementari.

Prima di tutto bisogna partire dal pensiero. Che cos’è il pensiero? E’ il contenuto della mente. E’ quello che uno pensa, e di cui può essere più o meno consapevole.

Il pensiero non è un’entità fisica, non è un prodotto del cervello. Un prodotto del cervello potrebbe essere un’onda elettromagnetica, o un flusso di elettroni. Ma il pensiero no, non è un’entità fisica, e non c’entra nulla con il cervello, se non nel momento in cui il pensiero debba essere formulato con parole o gesti fisici.

Comunque, dato che stiamo comunicando con strumenti fisici, possiamo dire, semplificando, che il pensierò è come un’immagine.

Allora poniamoci questo problema: come posso descrivere un’immagine con le parole? E come posso, ascoltando delle parole, ricreare l’immagine? Quali sono, in altre parole, i codici per tradurre immagini in parole e viceversa?

I codici non sono così complicati come si potrebbe pensare quando si ha davanti un libro di grammatica di 400 pagine, o quando si legge un testo elaborato da un traduttore automatico. E’ importante capire le regole generali, prima di tutto.

Ecco alcune regole generali.

  1. Quando si comunica, si comunica il pensiero, non l’universo fisico. Il pensiero può essere un’immagine dell’universo fisico, e quindi potrebbe sembrare che la comunicazione sia qualcosa di “fisico”, ma si tratta sempre e comunque di pensiero. E’ per questo che i computer, per quanto sofisticati, non potranno mai essere delle persone, ma saranno sempre degli automi: non sono infatti in grado di creare dei pensieri originali, ma solo di elaborare e comunicare dati.
  2. Il pensiero può riguardare l’universo fisico, ma può essere anche completamente astratto. Se io penso alla solitudine, ad esempio, posso avere un’immagine di una landa desolata, ma oltre all’immagine fisica, nel pensiero c’è anche l’idea della solitudine, che l’immagine può solo aiutare in parte a comprendere.
  3. Tutti gli “oggetti” del pensiero possono essere tradotti con un nome. Questo vale sia per gli oggetti che sono immagini dell’universo fisico (ad esempio una casa), che per quelli che non esistono nell’universo fisico (ad esempio l’idea della solitudine). In grammatica i primi si chiamano nomi concreti, i secondi nomi astratti. Sono sempre oggetti, oggetti del pensiero, che possono avere o meno un loro corrispondente nell’universo fisico.
  4. Tutte le azioni che immaginiamo nel pensiero possono essere tradotte con  un verbo. Sia concrete  (ad esempio camminare) che astratte (ad esempio pensare). Anche il fatto di essere presenti, o comparire, nel pensiero, equivale ad un’azione, e può essere tradotta con un verbo.

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